Music District a Milano: La Salumeria della Musica tra i locali del Vigentino

Music District a Milano: La Salumeria della Musica tra i locali del Vigentino

Music District c’era una volta a Milano. Negli ultimi quindici anni a Milano hanno chiuso i battenti diversi locali di musica dal vivo, di tutti i tipi e le dimensioni, alcuni dei quali “storici” (il Rainbow, il Rolling Stone, La Casa 139, Le Scimmie…), ma La Salumeria della Musica ha tenuto duro,
tenendo fede alla propria originaria missione di offrire musica di qualità, prevalentemente in territori jazz e contigui ma non solo, a prezzi accessibili.

Uno dei piaceri della vita è uscire di casa, possibilmente nella serata inaugurale del festival di Sanremo, per andare in uno dei propri locali preferiti ad ascoltare qualcosa che con ogni probabilità non passerà mai nella TV generalista. La Salumeria è uno di quei locali. Gli sono legato da una sfilza di ricordi.

Negli anni fra il 2001 e il 2006, quando ero quasi un abitué, il breve tratto di via Ripamonti compreso fra via Barletta e via Quaranta, pullulava di musicovori ogni sera – roba da non trovar posteggio nel raggio di 1km – grazie a quel misto di sinergia e antagonismo che si era creato fra la Salumeria e la quasi dirimpettaia Casa 139. Due locali con vocazioni ben distinte che, concentrati in quei pochi metri quadri, attiravano diverse tipologie di pubblico, a volte agli antipodi altre volte perfettamente “intercambiabili”: in alcune serate si travasava persino da un locale all’altro, per la difficoltà di scegliere fra due proposte ugualmente valide.

Inoltre, per una curiosa coincidenza spazio-temporale, molti anni prima (dal 1958 al 1975 per l’esattezza) al civico 11 della succitata via Barletta si trovavano i mitici studi Fonorama di Carlo Alberto Rossi, dove furono registrati parecchi fra i  più leggendari album della storia del pop-rock italiano; solo per citare alcuni nomi: Lucio Battisti (la quadrilogia classica, da “Il mio canto libero” a “Anima latina”), Mina (prima che aprisse il proprio studio privato in corso Italia), Premiata Forneria Marconi.

La Casa 139 ha tristemente chiuso diversi anni fa, lo stabile riconvertito a scopo residenziale (come il Ciak, come il Rolling Stone, sigh!), la Salumeria per fortuna è andata avanti.

Nell’ambiente informale ma al tempo stesso sofisticato della Salumeria, capitava (mi è capitato) di trovarsi seduti vicino a personaggi come Fernanda Pivano, Ornella Vanoni, Ernesto De Pascale, e vari esponenti dell’intellighenzia musicale italiana. La programmazione di questo locale dà la possibilità di assistere, in un ambiente familiare, a performance di musicisti sia già affermati che in via di affermazione, prima che un aumento di notorietà li porti su palchi magari più grandi ma anche più distanti dal pubblico.

Questa sera, sono andato a scovare un quartetto di cui avevo letto, ma che non avevo mai ascoltato prima: i Gaia Quatro.
I Gaia Cuatro sono due argentini (Carlos Buschini: basso e contrabbasso; Gerardo Di Giusto: piano) e due giapponesi (Aska Kaneko: violino e voce; Tomohiro Yahiro: percussioni) che propongono, grazie all’incontro di due culture così distanti, un mix di ingredienti davvero interessante e unico.

Mentre ascoltavo i primi brani in scaletta, pensavo che il loro stile si inserisse in qualche modo nel filone della musica fusion-sudamericaneggiante (vedasi ad esempio la cosiddett “trilogia brasiliana” di Pat Metheny) sebbene con proprie peculiarità.

Man mano che la performance dei Gaia Cuatro procedeva, però, questi seppur esili riferimenti andavano via via perdendo di consistenza, rendendomi arduo il compito di descrivere la loro musica per analogia con altri artisti. Se non hanno inventato un genere nuovo, hanno certamente rielaborato in maniera molto originale i propri influssi culturali di provenienza. E questo è un gran bel complimento. Aggiungiamo poi che il loro repertorio è interamente composto da brani originali.

Per dare un’idea di cosa mi passava per la testa durante il concerto, ecco un bel copia & incolla dei miei appunti presi a caldo: Virtuosismo violinistico e uso della voce come strumento, elegante presenza scenica di Aska Kaneko.  Stile pianistico originale, morbido ma vigoroso, vaghe reminiscenze di tango argentino nelle armonie, ma tango non è.
Senso di luce, positività; malinconia sudamericana compensata dall’influsso del “sol levante”?
Grande tecnica e affiatamento di gruppo. Sofisticati ma godibili.

Forse a tratti un po’ calligrafici. In effetti i Gaia Cuatro potrebbero osare di più nella direzione dell’improvvisazione e dell’interazione di gruppo; ne avrebbero tutta la capacità tecnica (da vendere!) e le loro composizioni si presterebbero bene a interpretazioni ancora più “libere” e dinamiche, a costo di rinunciare ad un po’ di precisione esecutiva.
Ma questa è una mia fantasia, il dato innegabile è che tanta originalità e perizia sono merce rara.

Ora di rincasare. Oh, che peccato, la diretta di Sanremo è già finita! Mi consolerò ascoltando il CD dei Gaia Cuatro che ho appena acquistato in…. Salumeria. (www.lasalumeriadellamusica.com |GAIA-CUATRO)

Fotocover @la salumeria della musica Facebook

Paolo Venturini

Che vita sarebbe senza musica e... Milano. Da Milano mi ero allontanato alcuni anni, pentendomene perché mi mancava da morire, e adesso che sono tornato voglio recuperare il tempo perduto. La musica, almeno quella, me la sono portata sempre dietro. Fra le due c'è però una connessione profonda, creata dai luoghi e dalle persone, che amplifica il piacere di entrambe.
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