La Milano Giò Ponti: in tour alla scoperta di architetture e chicche nascoste

Dal quartiere di Lambrate a Brera, tra chiese, palazzi, racconti e incontri: Elesta Travel ci ha guidato alla scoperta di Giò Ponti, ecco com’è andata. FOTO

Quante volte ci è capito di frequentare un luogo – una chiesa – o passare davanti ad un edificio, e sentirci rapiti dalla sua energia, ma senza conoscere la fonte di tanta attrazione?
E’ quello che è successo a me, tante volte, di fronte a Palazzo-Torre Rasini, palazzo-torre svettante tra i bastioni di Porta Venezia e il Corso trionfale in direzione Duomo, o la Chiesa di San Luca Evangelista, edificio meno visibile ma pur imponente in quel di Lambrate.

E’ esattamente dalla chiesa incastonata tra gli alberi e i complessi residenziali di Via Andrea Maria Ampère, 75 che comincia il viaggio guidato da Elisabetta Gavazzi Carissimo, architetto milanese e tra le fondatrici di Elesta Travel.

Da tre anni, Elesta Travel (www.elestatravel.it) propone itinerari fuori dalle masse turistiche, che siano anche un poco tematici e che seguano dei “fil rouge” per approfondire un argomento. Insomma un lavoro abbastanza “artigianale” per presentare il quale non si poteva che partire da uno degli architetti preferiti dall’architetto Elesta: Gio’ Ponti.

Gio’ Ponti a Milano

E’ incredibile pensare come un nome, ‘il nome’ dell’architettura milanese sia stato rivalutato solo post mortem. Nato a Milano il 18 novembre 1891, laureato nel 1919, Ponti spirò nel 1979 e almeno fino alla fine degli anni ’80 non venne considerato che un architetto marginale, un “borghese eclettico”.

Oggi sappiamo bene quanto si tratti di un personaggio davvero unico nel suo genere.

Ponti fu un poliedrico architetto, costumista teatrale, ceramista, pittore mancato, professore di architettura e inesauribile designer (sue, le note “Visetta” e “Superleggera“). Lavorò tantissimo a Milano con opere straordinarie, dalla progettazione di case private al loro arredo, entrando nel dettaglio: maniglie, porte, persino vasi e ‘il cucchiaio’. Ponti fu artefice della trasformazione del gusto eclettico di fine Ottocento.

Una ricerca, la sua, scaturita in tempo di guerra, durante la permanenza in una villa veneta del Palladio, dalla cui percezione Ponti acquisì i valori della spazialità e della nobiltà.

Al 1923 risale la sua prima commissione importante, quella in qualità di direttore artistico della famosa azienda di ceramiche Richard Ginori.
Allora cominciarono la fama, la creatività, le esposizioni internazionali – come quelle di arti decorative a Monza e Parigi, i “Grand Prix” -, e la risonanza internazionale che lo porterà a lavorare per committenze straniere ovunque, fino in Brasile.

Con Ponti, per la prima volta, il gusto diventa prodotto di massa, realizzato in serie, democratico e ‘per tutti.

Siamo negli anni delle misure e della classicità. Lambrate viene annessa a Milano. Apre la Fiera Campionaria (1923). Ponti e il Gruppo Novecento sono pronti a rivoluzionare Milano. Il gusto e lo ‘stile Ponti’ instillano gocce di novità dalle pagine della nuova rivista Domus, dove viene (ri)fondato il concetto di abitazione (1928) e, per la prima volta, vengono affrontati temi come quelli dell’abitare domestico, dei fiori sul tavolo.

Le immagini sono accompagnate a brevi didascalie. Il pensiero entra nelle case dei milanesi e degli italiani.

Milano e Gio Ponti: 5 luoghi dove trovarlo

#1. L’opera prima del Ponti architetto è situata in via Randaccio, Sempione/Arco della Pace (1925).
Arrivano la Domus Ioni, la Domus Fausta, la Iulia.

#2. La Chiesta di San Luca Evangelista, via Ampere 75

1957.  Committente: il cardinal Montini.  L’idea è chiara: Milano sta cambiando, le periferie si popolano, è necessario accompagnare l’espansione della città con la creazione di edifici religiosi nuovi, ma che esprimano il desiderio di una profonda religiosità fatta di pochi elementi negli edifici, spazi pervasi da lame di luce che alludono al divino, dove la “novità è che l’arte non sia un capriccio”.

San Luca inaugurerà nel 1961 e sarà rivoluzionaria: una facciata a capanna, staccata come un foglio di carta, arretrata così da ‘abbracciare’ chi entra e, grazie alle sue finestre ad altezza visitatore, permette di essere vista e vissuta anche dall’esterno, ogni ora del giorno.

Le pareti sono inclinate, con sei piloni a sorreggere la struttura e la luce che fende i tagli nella architettura come delle lame. Semplicità e minimalismo, ascensione e sottrazione, il soffitto è di un blue intenso (il colore amato dall’autore) ed è in contrasto con il bianco. Insieme creano un alone di misticismo, un raccoglimento ulteriormente acceso dalle minuscole tessere a disegni diamantati che ricoprono parte della superficie esterna, facendola brillare (uno studio sulla luce riflessa,una tecnica imparata con la ceramica ai tempi in Richard Ginori), mentre quella interna è lasciata totalmente bianca, interrotta solo, dietro l’altare, da un crocefisso del ‘500, essenziale, ma di grande impatto.

Non ci sono cappelle: la chiesa è a un unico ambiente. Al piano meno uno, sotto il sagrato, si recuperano gli spazi parrocchiali. Le finestre, enormi, sono uno spazio di collegamento con il mondo celeste. Un modo, questo, per intendere la chiesa come presidio dell’individuo, un punto di rifugio.

Da non perdere: le panche e i confessionali dalle superfici inclinate, sempre di sua ideazione. Minimali, semplici e straordinariamente moderne. Sono ancora quelle degli anni ’60.

#3. Nave scuola del Politecnico
Ponti non firmerà mai il suo edificio costruito su via Bonardi, perché la tecnica, lo stile, i materiali sono da considerare come un libro aperto del buon costruire aperto a tutti gli studenti.

#4. Il Pirellone
E chi non lo conosce?

Nel 1965 l’edificio Pirelli viene commissionato per diventare la nuova sede della storica azienda che vuole spostare i suoi uffici da viale Abruzzi. Sorge sulla (allora) nota Cascina Brusada, una classica cascina del ‘700.

Allora l’area intorno a Stazione Centrale mira a diventare il nuovo polo direzionale del terziario meneghino: qui c’è la Breda; qui c’è la Torre Galfa.

L’invenzione di Ponti è geniale: una grande parete abbracciata, tutto intorno, dai corpi bassi che circondano l’edificio e una torre, immersa nel vuoto, che si staglia nello skyline milanese come se fosse un missile, metafora dello slancio imprenditoriale di quegli anni.

Si tratta di un’invenzione strutturale. Ponti concepisce il Pirellone come una torre finita, sormontata da un “cappello staccato” nella parte superiore, dotata di una forma rastremata conclusa (di fatto, non si può espandere né in altezza né larghezza).

Qualcuno dice che l’idea della forma perfetta, fatta di lame e triangoli, derivi dallo pneumatico, il prodotto ‘cult’ del committente, fatto sta che anche qui si trovano lame, triangoli di luce, slanci in verticale, nessun peso inutile, ma una struttura in calcestruzzo armato da 127,10 m di altezza: oggi ancora uno degli edifici più alti mai realizzati con questo materiale.

Per crearlo, Ponti crea un modello di 11 metri e inventa un sistema di ponteggi con la ditta Bonomi che, per l’onore di partecipare ad un progetto simile, rinuncia a qualsiasi compenso.

Giò Ponti non sarà completamente soddisfatto della facciata del suo Pirellone. Di parere contrario la ditta Telefunken, che a Berlino ne fa una copia esatta e tutti coloro che per anni hanno ambito a superare questa torre, la prima nella storia di Milano ad aver sfilato (ma solo nell’altezza) la Madonnina di Milano.

Da non perdere: la storia d’amore, in cima al grattacielo, del falco pellegrino Gio e di sua moglie Giulia. I due rapaci sono stati incredibilmente scoperti alle prese con prole e nido e da qualche anno sono tenuti sotto osservazione dagli esperti di animali come da tutti coloro che, in questa storia che ha dell’incredibile, in pieno centro urbano, sognano di rivedere le nuvole e la passione dell’architetto e consorte.

#5. Casa Torre Rasini, a Porta Venezia.

Nel 1923 il Comune di Milano dà l’autorizzazione alla demolizione di un vecchio edificio nell’edificio sito tra Corso Venezia e gli omonimi bastioni.
La committenza, privata, richiede la creazione di un complesso di edifici residenziali, appartamenti in affitto che il Ponti realizzata insieme al Lancio, suo storico amico di studi, nel 1936.

La Torre Rasini si compone di due edifici.
Il primo è un magniloquente parallelepipedo bianco affacciato sul settecentesco Corso Venezia, ovvero quella via asburgica nata per essere un ingresso privilegiato dall’Austria, un autentico viale di parate.

Il Ponti traduce questo pensiero tra vecchio e nuovo rivestendo la facciata di marmo di disegni molto scarni e un’ unica decorazione, interrotta in orizzontale da una balconi e simmetrie rispetto ai due ingressi (quello carraio e blu azzurro intenso, di nuovo, il suo colore preferito). Le finestre sono lunghe e sdoppiate, sembrano grossi sorrisi.

La Torre è invece un gioco di pieni e vuoti contrastanti il fronte di Corso Venezia, dalle forme cilindriche e il diffuso uso di mattoni, con contrafforti e logge che salgono fino in cima e costruiscono l’idea che Gio Ponti ha della casa: “un vaso che contiene tutte le funzioni del vivere, in cui i mobili brillano di vita propria, gli spazi sono grandi, capaci di contenere opere d’arte e mobili movibili”.

#+1. La boutique di Piazza S. Marco, 3

La capacità di Gio Ponti di tradurre le sue idee del bien vivre in forme e oggetti di uso comune lo rendono, in qualità di direttore artistico della Richard Ginori, l’artefice della quintuplicazione della produzione (1923-30).

Ginori amplia la produzione, crea nuovi oggetti, rivoluzione lo stile, diffonde un gusto, vivo ancora oggi.

Lo dimostra il successo e l’allure di misticisimo e eleganza che vibra nella boutique Richard Ginori di via Brera dove spiccano prodotti ricercatissimi sin dalla loro origine, dagli orci per l’esposizione di Monza del 1925 ai boli e coppe delle linee Labirinto o Catene. Dipinte a mano o decalcomanie, sono pezzi che raccontano una storia.Per chi vuole conservare gelosamente il suo pezzetto preferito di Gio Ponti in un cantuccio del suo vaso-casa.

Sono nata al Fatebenefratelli, zona Brera, una delle zone più bohemienne di Milano, che non poteva che portarmi alla laurea in Storia dell'Arte. Nel 2009 ho fondato Milanoincontemporanea per non metterla da parte.
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Riguardo a Paola Perfetti

Sono nata al Fatebenefratelli, zona Brera, una delle zone più bohemienne di Milano, che non poteva che portarmi alla laurea in Storia dell'Arte. Nel 2009 ho fondato Milanoincontemporanea per non metterla da parte.