Biko Milano conferma: è il migliore locale di musica black della città

Continua come un bulldozer il Biko nella sua missione di proporci i migliori talenti internazionali nei generi soul, jazz, funk, hip hop, ecc. E noi che ci crediamo (nella mission) continuiamo a seguirlo.
Sono monotono. Sto per ripetermi come un disco rotto. Ma che ci posso fare se al Biko mi sento a casa? Se fanno la migliore musica black della città, anzi della regione, facciamo del nord Italia? Se ogni volta che ricevo un comunicato stampa dal buon Luca sono già li a segnarmi la data in calendario?

Tra ventanni spero che il Biko esista ancora, magari ampliato nella dimensione e nel pubblico, ma non alterato nello spirito. E se proprio non dovesse andare così, se fra X-nta anni il Biko dovesse chiudere o (peggio) passare in mano a qualche gestore pettinato e markettaro… beh, allora queste serate musicali saranno, credo, ricordate con nostalgia ed un’aura di misticismo; chi c’era c’era, gli altri potevano pensarci prima.

Per chi non c’è mai stato e non ha letto nessuno dei nostri pezzi precedenti, quanto segue è un “assaggio” dei tanti groove e mood che si possono fruire in una serata di musica live in questo anfratto di via Ponti.

Come abbiamo avuto modo di raccontarvi in occasione delle nostre incursioni nell’incredibile JazzMi, la scena jazz londinese è esplosa. Non che negli ultimi 10-15 anni la Perfida Albione fosse in posizione arretrata, intendiamoci, ma adesso si respira un’aria ulteriormente arricchita di nuove esperienze e contaminazioni.

È in questo quadro che si inserisce anche il trio guidato da Edward Cawthorne (AKA Tenderlonious) che siamo venuti ad ascoltare sabato 10 febbraio, in concomitanza alla serata finale del consunto festival canoro che tutti gli anni in questo mese – puntuale e gradito come le tasse – alimenta gli intrioti della nostra ‘avanguardista’ TV e dei ‘migliori’ giornali di spetegules.
Ma torniamo ai Ruby Rishton.

Jazz rock liquido di corpo medio, con retrogusto di soul à la Isaac Hayes, sentori di vitigno canterburiano, e un’ombra di psyc-jazz à la Ozric Tentacles. Lasciato decantare per 30-40 anni in botti di noce americano, quindi imbottigliato nel nuovo millennio negli stabilimenti londinesi della 22a Records, infine scaraffato per noi sul palco del Biko, per un’esperienza gustativa contemporanea e vintage al tempo stesso.

Imperniata sul suono del flauto e del sax tenore, impalcata da una batteria concorrenziale con Binker & Moses, tessuta da piano elettrico e basso sintetico, e ornata da sporadiche note digitali, la musica dei Ruby Rushton si dipana nella forma di lunghe suite strumentali, che scorrono lisce, nitide, scandite e intense come pennellate di smalto acrilico stese su un fondo perfettamente… Nero. Appunto.

E questo è niente… Perché all’ingresso del Biko vedo due locandine che attirano la mia attenzione più di altre:

  • Bilal, il 2 Marzo 2018
  • i Sons Of Kemet di Shabaka Hutchings (che già recensimmo con la sua altra formazione, gli Ancestors) il 10 Maggio 2018

 

Guardo Otta e le dico “Brava, ce l’hai fatta a portarlo!”. Sorriso di soddisfazione in risposta.

Paolo Venturini

Che vita sarebbe senza musica e... Milano. Da Milano mi ero allontanato alcuni anni, pentendomene perché mi mancava da morire, e adesso che sono tornato voglio recuperare il tempo perduto. La musica, almeno quella, me la sono portata sempre dietro. Fra le due c'è però una connessione profonda, creata dai luoghi e dalle persone, che amplifica il piacere di entrambe.
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