Inner Spaces, dove i live d’elettronica sono unici al mondo, ecco perché!

Il nostro itinerario attraverso i luoghi milanesi della live music non poteva non toccare l’auditorium San Fedele e la sua rassegna Inner_Spaces – Identità sonore elettroniche che compie 4 anni.

Ci sono almeno due caratteristiche che rendono unici questo posto e questa rassegna.
Primo, Inner_Spaces è ideata e curata da un prete, il gesuita Padre Antonio Pileggi, musicista egli stesso, seguace della musica elettronica fin dagli anni ’80, e responsabile dal 2009 del settore musicale del Centro San Fedele. Mestiere che svolge con passione nella ricerca degli artisti, selettività nel proporli, e senza secondi fini di indottrinamento verso forme musicali sacre.

D’altra parte la fotografia di Pier Paolo Pasolini appesa nella biglietteria dell’auditorium è una chiara indicazione sulla vocazione di questo centro culturale, legato ad un’istituzione religiosa eppure intellettualmente libero.

Secondo, il San Fedele è dotato di un particolarissimo impianto audio chiamato Acusmonium Sator, che è l’unica installazione di questo tipo in Italia. L’Acusmonium, che viene descritto come “un’orchestra di altoparlanti”, è un sistema costituito da alcune decine di speaker, diversificati per gamma di frequenza, disposti ad anelli concentrici a varie distanze dalla platea (davanti, dietro, di lato, sotto le balconate e anche sul soffitto), e governati da una consolle centrale (un mixer) che consente di distribuire i suoni nello spazio in maniera creativa e dinamica nel corso dell’esecuzione. In pratica ha la funzione di rendere tridimensionale e mobile un materiale (il suono generato elettronicamente) che nasce bidimensionale e localizzato.

L’Acusmonium non è il solito sistema Dolby Surround dei cinema, dunque, perché concettualmente più simile ad una strumento musicale che a un mero mezzo di riproduzione. E comunque questa didascalica descrizione non rende giustizia all’effetto “wow” che è capace di suscitare, come vedremo fra poco.

Veniamo quindi ai performer di questa sera: l’headliner è nientemeno che il finlandese Ilpo Väisänen, con apertura dello spagnolo Miguel Angel Tolosa.
Il quale Miguel Angel mette immediatamente a reddito le potenzialità spaziali – in senso sia figurato che fisico – dell’Acusmonium, progettando attorno ad esso la sua performance, scegliendo di concentrarsi esclusivamente sulla regia acusmatica e delegando al suo laptop la riproduzione di un programma predefinito.

L’esperienza di ascolto è totalmente immersiva, l’impatto è indescrivibile, sembra che i suoni provengano da oltre il perimetro dei muri della sala. Si prova quella strana sensazione di “galleggiamento” che è tipica di certi sogni, e che induce una forma di estraneazione dalla realtà.

Risultato finale di grande suggestione anche se, personalmente, all’approccio semi-automatizzato e laptop-based di Miguel Angel Tolosa, preferisco quello manuale in cui il processo creativo avviene in diretta a partire da elementi di base come oscillatori, campioni digitali, effetti, ecc.; in una parola preferisco la musica…. suonata, nel senso più ampio possibile del termine.

Questa considerazione mi porta all’esibizione di Ilpo Väisänen, esponente di primo piano dei generi IDM, minimal techno, drone ecc. di fama internazionale – come dimostra il generoso riscontro di pubblico convenuto all’auditorium San Fedele questa sera – ed ex membro dei Pan Sonic, duo che fu fra i pionieri dei suddetti generi nella prima metà degli anni ’90.

Diversamente da Miguel Angel, Ilpo delega al Maestro Giovanni Cospito – esperto residente di regia acusmatica – il compito di spazializzare i suoni, potendosi così dedicare a plasmare in tempo reale i suoi paesaggi sonori.

La base di partenza è una scaletta di massima, che definisce una sorta di suite con sezioni ben identificabili benché sfumate l’una nell’altra. Il resto è improvvisazione e “artigianalità”, nel senso di una continua interazione fra l’artista e la sua strumentazione che richiede una massiccia dose di manualità per generare e coordinare sequenze e frequenze (Ilpo usa un sistema di sintesi prevalentemente analogico e modulare).

Per metabolizzare questo tipo di processo creativo, si può immaginare che gli artisti come Ilpo Väisänen rappresentino per la musica quello che Rothko e Pollock hanno rappresentato per la pittura. In questo senso sarebbe forse più centrato parlare di “musica espressionista astratta” anziché genericamente di “musica elettronica”.
Se mi leggesse qualche storico dell’arte probabilmente mi insulterebbe, ma spero di aver convinto qualcuno ad assistere alla prossima nonché ultima data – per questa stagione 2017-18 – della rassegna Inner_Spaces: è calendarizzata per lunedì 7 maggio e propone come sempre due musicisti: Roly Porter e Giulio Aldinucci.

Paolo Venturini

Che vita sarebbe senza musica e... Milano. Da Milano mi ero allontanato alcuni anni, pentendomene perché mi mancava da morire, e adesso che sono tornato voglio recuperare il tempo perduto. La musica, almeno quella, me la sono portata sempre dietro. Fra le due c'è però una connessione profonda, creata dai luoghi e dalle persone, che amplifica il piacere di entrambe.
RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright Milanoincontemporanea