Food Art in via Vigevano, lo showroom del gusto by Andrea Cova – Parte 1

Come scegliere un buon ristorante che sia un luogo speciale per una serata altrettanto importante? Oppure, che locale scegliere per un sabato sera di benessere e Buon cibo? Lasciate che sia Milanoincontemporanea a dirvelo …

24 anni, un progetto che ha 4 anni. Non è uno chef ma conosce la cucina, ama il Buono che è bello e fa star Bene, e “sa come si fa”. “Tecnicamente non cucino, ma creo e basta”, dice Andrea Cova, e la sua Food Art, ristorante-filosofia in Porta Genova, non è una

location qualunque bensì una cucina concettuale. Non è un cuoco ma sa cucinare bene: ha studiato comparing, l’abbinamento prodotti a livello scientifico e organolettico, che poi è quello che propone sia al ristorante Food Art di via Vigevano 34 che nei servizi di catering.

Ha studiato e girato tutte le tipologie di ristoranti e di cliente, e si è costruito una forte cultura sul food. Tutto è nato come un evolversi di cose: da un laboratorio di idee senza nome dove per un anno e mezzo si è studiato, provato esperimenti, a volte riusciti e a volte no fino alle “evoluzioni di gusti, ed una successione di cose, uno studio continuo che rende tutto molto
divertente.”

Un invito, un ottimo pranzo, un clima sereno a partire dal menu. Leggo:

“Prendere le distanze dal tradizionale concetto di menu francese”.

Si apre un mondo, quello di Andrea Cova.

Cosa vuol dire questa frase?
Il primo vero ristorante è nato in Francia e ha imposto le sue disposizioni alle quali tutti gli altri ristoranti si sono poi uniformati: l’antipasto, il primo, il secondo, dessert. Ma studiando mi sono accorto di un errore fondamentale, quello dell’abbinamento
dei sapori fra le portate. Lo chef le crea equilibrate ma questo ordine le distrugge. Ad esempio, come apprezzare un branzino al sale se ho ordinato lumache per antipasto? Al contrario, questo di Food Art è un Menu emozionale: facciamo innamorare la gente
dei singoli piatti e della materia prima, consigliando un ordine di sapori che va dal più delicato al più intenso, senza opporre alcun limite al cliente e creandogli il suo personale percorso gustativo.

Perché un ristorante in via Vigevano 34?
Io trovo che questa zona sia molto interessante in generale, nel senso che è una zona “vera”, da sempre. Come all’inizio della sua storia era un quartiere di operai e fabbriche, ad oggi è diventata la zona delle fabbriche della moda e del design, con persone “reali”
che lavorano, e lavorano in settori di creatività, di diversi metodi e tendenza. Quindi persone che possono apprezzare la nostra filosofia di lavoro. Come i clienti che vengono da noi in particolare all’ora del lunch, quelli che poi la sera tendono a spostarsi e a tornare a casa. Mi trovo bene all’interno di questo mondo: è come se Food Art fosse uno showroom che fa gusto. Per questo, quando
abbiamo deciso per l’ampliamento del ristorante, abbiamo deciso di rimanere in zona: proprio perché questo concetto non andasse perso.

Ampliamento?
Alle pareti vedi i rendering della nuova struttura che sarà più grande, per certi versi persino più attuale. Questo ambiente va ancora bene, ma i suoi colori, la sua impostazione stanno arrivando all’esaurimento del livello di tendenza. Ora sta cominciando un nuovo ciclo, più pulito, più naturale, e che sarà rispecchiato nella nuova location che sarà in Via Vigevano al 10, 200 metri più in là.

E questa location???
Questa rimarrà: non sappiamo, se verrà trasformata…Punto di domanda! Il cuore del progetto Food Art rimarrà o stesso, solo la nuova location vorrà corrispondere di più alla filosofia in generale.

Chi sono i vostri clienti?
Noi abbiamo condotto uno studio molto preciso. Abbiamo un 70% di target femminile tra i 30-55 anni. Direi che è una clientela dotata di una particolare filosofia, persone evolute nel senso di “dotate una certa apertura mentale”, che riescono ad apprezzare il
concetto di qualità distinguendola da ciò che non lo è. Quindi, riescono a darci sostegno nella nostra filosofia di lavoro.

Ovvero? Che cos’è la qualità?
Io parlo di qualità a 360°: questa vuole essere una casa del gusto. Si parte dall’accoglienza, dal
momento in cui ci si siede, fino a quello che ci sta intorno e
infine quello che si mangerà. Certo, siamo in un ristorante e ovviamente quello che si mangia –
anche se è una delle componenti del lavoro – deve essere rilevante. La
qualità è la ricerca e l’attenzione di un prodotto che ti facciano stare bene sia all’interno di un ambiente con un servizio ed il suo contesto studiati, sia a livello fisico: noi siamo quello che mangiamo, quindi se mangiamo bene, stiamo bene.

Sì, ma quanto costa!?
Non è una questione di costing, la qualità non è per forza cara. La qualità, oggi, è un prodotto sano. Qualità vuol dire fare un risotto e mantecarlo con la crema di patate anzichè con il burro, perchè così non appesantisci il corpo e non hai un costo aggiuntivo. Alle
spalle, c’è uno studio che è stato fatto per rendere quel piatto sano, gustoso, piacevole. La qualità è ricerca.

Per questo è nata la location Food Art?
Tutto è nato dall’esigenza di un avere un posto in cui trovarmi bene. Io vengo da un mondo completamente diverso che è quello dell’arredamento in cui mi sono formato. Negli ultimi 4 anni c’è stata un’evoluzione, un cambiamento fino alla svolta e alla creazione di questo mondo. Mi sono approcciato al mondo della ristorazione da ignorante in quanto addetto ai lavori, ma per anni sono andato a pranzo e a cena fuori, in ristoranti di ogni tipo. Da cliente sapevo quello che volevo. E sono quelle cose che ho ricreato in qui. Dal sorriso all’ingresso, al ricordo del piatto che ho ordinato, fino allo studio di quello che ti viene dato per farti stare bene.

Come riesci a coniugare high quality e low cost mantenendo sempre un alto livello di clientela?
Credo che sia sbagliato il concetto di low cost applicato a questo posto. Direi piuttosto costo corretto. Low cost è forzatamente low quality, è perché la materia prima è proporzionata al costo. Diverso è il concetto di correttezza. Ad esempio come materia prima noi usiamo molto il pesce. Se prendo un pesce allevato faccio low cost ma anche low quality, perché quel pesce avrà avuto mangimi, sarà stato ingrassato, insomma, avrà una serie di difetti che ne cambiano il sapore e organismo. Un pesce pescato, il cliente, lo paga di più, è vero, ma è un pesce che ha avuto una vita diversa, si è alimentato in modo diverso. Io non devo far pagare la mia ricerca sul pesce pescato in modo eccessivo. Per questo ci vogliono persone evolute. Un altro esempio: 150 grammi per un filetto di KOBE che è la carne più pregiata al mondo (costa sui 140 euro al Kg) qui costa 35 euro. E’ vero che lo paghi un po’ di più rispetto al piatto di
un qualunque altro ristorante, ma è altrettanto vero che lo paghi 10 euro in più di una pizza per un prodotto che costa 10 volte tanto. Questa è correttezza.

E il Menu Lunch?
E’ il nostro biglietto da visita, la nostra pubblicità fatta fra e per le persone che hanno provato il nostro prodotto e alle quali è realmente piaciuto. Facciamo provare i nostri prodotti e la loro qualità alle persone andando sottocosto (e non low cost!). Se poi
nasce il “passaparola” ed i clienti tornano nel reale ambiente di questa location, quella della sera, ecco il nostro successo. Oltre che far capire alla gente cosa vuol dire stare bene, mangiare bene, essere serviti bene, sentirsi bene dentro con questo ambiente.

Senza troppi “orpelli”? Serate a tema? Musica?
Per ora li abbiamo interrotti ma a settembre riprenderanno i Moondays. In genere, ogni primo lunedì del mese organizziamo serate legate all’arte e design con vernissage all’interno del ristorante, dopo il quale le opere rimangono esposte per il mese successivo. E’ una presentazione dell’artista che poi diventa una festa.

Continua …

Paola Perfetti – MilanoincontemporaneaP

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