Expo 2015: ore di coda per i padiglioni più gettonati. Tra gli altri, vi sveliamo i più interessanti (e vi diciamo perché visitarli)

Sette ore di coda per entrare al Padiglione Giappone e oltre tre di attesa per accedere al Padiglione Italia sono ben due buone ragioni per rifiutare un invito ad Expo Milano 2015. Tuttavia, grazie alle visite guidate al Padiglione Francia, Angola e a molti altri, di giorno come by night, possiamo dirvi perché valga la pena vivere l’esperienza di una Esposizione Universale a Milano. Ci sono almeno 5 buoni motivi.

Expo 2015: Code lungo il Decumano

Expo 2015: Code lungo il Decumano

 

1. Expo 2015: informazione e condivisione.

Un sistema di pensiero 2.0 che affonda le sue radici nella storia dei popoli.

Expo 2015 Padiglione Olanda

Expo 2015 Padiglione Olanda

Alla base di questa grande festa del cibo e delle genti – perché quando si entra ad Expo non si può risentire di un certo clima da sagra della porchetta o rave party (in special modo il venerdì sera sotto il Padiglione Olanda) – resta il tema della conoscenza delle tradizioni alimentari dei popoli e la percezione di una incredibile mescolanza di luoghi, flussi migratori, genti.
Viene così fuori che in Angola, che celebra Expo con un francobollo commemorativo, si mangia la polenta (di manioca, è vero, ma pur sempre di polenta si tratta). Qui parlano portoghese ma la tradizione italiana c’è come tanti sono gli italiani in questo paese in cui la dieta mediterranea la fa da sovrana – insieme al ruolo della donna, nelle isituzioni come nel modus vivendi quotidiano (e qui: Angola batte Italia 100 a 0).
Il grande baobab multimediale con i ritratti di psicologhe, dirigenti, professioniste di quel Paese dà il benvenuto all’ingresso – ed il baobab è noto come l’Albero della Vita vista la sua longeva esistenza (www.expo2015.org/it/partecipanti/paesi/angola).

E poi: chi sapeva che gli Stati Uniti hanno contaminato la tavola della Lituania (www.expo2015.org/it/partecipanti/paesi/lituania)?

In Colombia, invece, visite guidate ogni quarto d’ora – l’attesa vale veramente la pena (www.expo2015.org/it/colombia).

 

2. Expo 2015: un bel senso di comunanza tra i popoli, anche tra quelli che proprio non si stanno simpatici.

Non è un mistero la atavica rivalità tra Francia e Italia.
Tra querelle calcistiche e questioni di appropriazioni di opere d’arte, Business France – una sorta di ICE italiano ma legato al Ministero delle politiche del commercio e dell’artigianato francese – ci ha invitato a scoprire il suo grande giardino agricolo – dove sono state piantate oltre 60 colture diverse, questa estate è stato raccolto il grano e tutto intorno si sente un gran profumo di pane, lavanda, spezie – ed il suo padiglione avveniristico.
Il concetto è semplice: produrre più e meglio nel rispetto della tradizione – quella del territorio da preservare attraverso una campagna di preservazione degli insetti e delle api (oggi a rischio di estinzione) – e con nuove tecnologie biologiche, no OGM, come incocroci di piante e specie botaniche atte a dare vita a nuove produzioni completamente senza l’uso di pesticidi.
Magari anche lasciandosi aiutare dai droni: si trovano appesi in mezzo alle rappresentazioni della fauna ittica – non solo dell’Atlantico ma anche di tutti i mari (le terre delle ex colonie francesi) – e con i mazzi di lavanda, grandi contenitori di pasta, tessuti, utensili di ieri e di oggi (come il kit per produrre i funghi sul balcone in vendita qui e nel cugino Padiglione del Belgio).

Il granaio di Europa“, la Francia, e la sua casa completamente lignea, curvilinea, realizzata dentro e fuori solo da maestranze e professionisti francesi con un forno-boulangerie sempre aperto (2000-4000 baguette al giorno per dare il gusto di un’esperienza “calda” d’Oltralpe a ogni ora) non finirà con Expo, ma verrà disinistallata e quindi riposizionata o a Parigi o a Lione (il concorso è ancora aperto).

Perché nulla va sprecato, tutto va innovato, sempre nel rispetto delle eccellenze che hanno fatto di questa Regione del mondo una delle più forti sotto il profilo gastronomico, nelle materie prime come nei prodotti raffinati.

A controllare e a fare da “woolmark” all’Arte della Tavola e Gastronomia è l’ EPV (Entreprise du Patrimoine Vivant). Il marchio  fregia oltre 1.200 aziende, tra le quali più di 250 svolgono un’attività legata alla gastronomia e all’arte della tavola, perché simboli dell’eccellenza francese per tradizione, innovazione, professionalità, know-how, attenzione alla qualità dei loro prodotti, creatività, passione…

Expo 2015: Padiglione Francia

Expo 2015: Padiglione Francia

Qualche nome? Le porcellane di Limoges, il cristallo soffiato a bocca di Daum (a Nancy dal 1878) , il Cognac, la pasticceria di Loc Maria e Biscuits Fossier), le confetture (Confitures d’Andrésy), e ancora cioccolatai (Chocolaterie de Puyricard), produttori di vini di champagne (Gosset) e di Cognac (Domaine Château de Fontpinot / Cognac Frapin), distillatori (Distillerie les Fils d’Emile Pernot), produttori di soufflé e zuppe (Giraudet), di pain d’épices (Mulot & Petitjean) e di torrefattori (Malongo)…. (http://www.patrimoine-vivant.com/en)

20 milioni di euro hanno speso governo e partner commerciali per dare forma ad uno spazio concluso al cui interno, a rotazione, le regioni e gli sponsor raccontano il meglio della loro produzione. In questi giorni è di scena la Bretagna, con i suoi polli, ortaggi e confezioni.
Che non sono solo da mettere in tavola: direste mai che questo abito, come la tavola da surf e le racchette, la valigia appese tra gli archi, sono prodotti con fibre alimentari (foto a destra)?

Perché non di sola moda e non di solo snobbismo è fatta l’arte francese, parbleau!, e in una giornata ad Expo l’abbiamo capito. (www.expo2015.org/it/partecipanti/paesi/francia)

 

3. Scuola, divertimento e un pugno in pancia per grandi e piccini (ma costruttivo, eh!)

Della morale del vuoto e della consapevolezza data dalle due torri di mele e acqua letteralmente depredate al Padiglione Svizzera vi abbiamo già parlato.

Un atteggiamento di riflessione post-divertissement misto ad un allestimento al limite tra museo interattivo e campo scuola è quello che potrete trovare al Padiglione Zero.

Per entrare nel quale vi consiglio di farvi il segno della croce ma ne varrà la pena.

Subito varcato l’ingresso, avrete sentito parlare mille volte della grande biblioteca abbandonata così come dei grandi plastici che ricalcano la storia della natura, della manifattura, della nascita ed evoluzione della città. Tuttavia, è il cumulo del cibo sprecato ad essere un vero pugno allo stomaco: sapevate che 1/4 di quello che sprechiamo sarebbe sufficiente a sfamare gli affamati del pianeta?

Forse sarebbe davvero opportuno ripartire da Zero (www.expo2015.org/it/esplora/aree-tematiche/padiglionezero).

 

4. Dopo tutto, però, il problema resta nel fine settimana, quando un fiume di persone inonda decumano, padiglioni, cluster. La soluzione?

Qualcuno dice che verranno lanciati dei messaggi proprio sul vialone principale di Expo così da indirizzare i visitatori solo verso le “code umane”. Se “code” e “umane” sono due termini che possono convivere.
Se non c’è cosa o ce n’è davvero poca, però, ecco il Padiglione Cina: tra aquiloni d’autore, antiche pergamene ed un’installazione luminosa da pelle d’oca rinfrancherà corpo e animo.
(Ah, ci sono anche le famose anitre al miele-www.expo2015.org/it/partecipanti/paesi/cina).

 

5. Expo 2015: lo spettacolo deve continuare

Alla fine di tutto, alla fine della giornata, però, come non essere ripagati dallo spettacolo di luci colori suoni voci e genti di fronte all’Albero della Vita (www.alberodellavita.org)? I selfie stick si sprecano ed ognuno lo vive a modo suo: i bambini in spalla ai palla, i papà con le braccia conserte ed il naso all’insù, le signore con un po’ di mal di gambe. Ma anche questo è Expo.

Sono nata al Fatebenefratelli, zona Brera, una delle zone più bohemienne di Milano, che non poteva che portarmi alla laurea in Storia dell'Arte. Nel 2009 ho fondato Milanoincontemporanea per non metterla da parte.
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Riguardo a Paola Perfetti

Sono nata al Fatebenefratelli, zona Brera, una delle zone più bohemienne di Milano, che non poteva che portarmi alla laurea in Storia dell'Arte. Nel 2009 ho fondato Milanoincontemporanea per non metterla da parte.