Dopo Primark, anche Starbucks sbarca a Milano: dove, quando? Nel 2016, nella città in cui è partita la storia del Frappuccino più hipster del mondo. Favorevoli o contrari?

Starbucks arriva in Italia: l’imprenditore bergamasco Percassi (già Benetton, Zara, Victoria’s Secret) sta guidando gli accordi per l’apertura del primo Starbucks a Milano, già a inizio 2016. Ma ha senso visto che Milano è stata la città da cui tutto è partito, nel 1992? 

Dopo Victoria’s Secret Primark, un altro grande marchio del mass market internazionale sbarca a Milano – si attende il 2016 -. Parliamo di Starbucks.

Starbucks: Frappuccino

Starbucks: Frappuccino

Non c’è capitale europea senza la sua vetrina Starbucks affacciata sulle vie principali delle metropoli del mondo; non c’era più pazienza: molti hipster e molti fashion addicted stanziali a Milano per passione o per lavoro non se la sentivano più di non poter girare per la città con il loro bicchierone di caffè lungo fumante. Fa molto colletti bianchi décontracté; fa molto Sex & The City ma che non se la tira.

Starbucks è amato perché è così: è figo ma possono provarlo tutti. E’ quel classico locale – non un bar, un pub, una location pettinata – ma un ambiente in cui fermarsi per una pausa caffè, un pezzo di torta tra “sciure”, un sandwich al volo, depositando le floride terga su grandi poltrone e divani. L’atmosfera rilassata, le spine per ricaricare smartphone e device ci sono, il free Wi-Fi e il brand “cool” ne fanno un luogo privilegiato anche per sostare a smaltire la posta elettronica, leggere un libro, fare i compiti, preparare il prossimo esame universitario. Come se ci si trovasse a casa, ma in mezzo alla cosiddetta “gente giusta”.

Niente hanno potuto le strategie marketing, di visual, stilistiche di McDonald’s, Arnold’s Coffe e simili posizionati intorno al Duomo o alle principali sedi di uffici e università: nonostante la replicazione del format, nonostante qualcuno ne abbia quasi plagiato il  logo, la notizia dell’arrivo di Starbucks a Milano ha risvegliato gli animi e la felicità di tutti. O quasi.

Un po’ come la scoperta dell’acqua calda.
Un po’ come se ci fossimo acccorti adesso che se ne poteva vivere anche senza e invece no.
Un po’ come se, dopotutto, non ne avessimo poi così bisogno. O almeno, non a Milano.

Prima ragione. Milano non è una città come Copenaghen, Vienna, Stoccolma, per certi versi anche Londra, in cui il clima piovoso o i rigori già della stagione autunnale vietano di sostare all’esterno e necessitano di locali alla moda e riparati, caldi, organizzati per offrire qualsivoglia comfort, dal momento di pausa alla comoda postazione di lavoro-ma-senza-prendersi-troppo-sul-serio.

Starbucks: menu

Starbucks: menu

Seconda ragione. Milano, aspetto più importante di tutti, è stata la fonte di ispirazione del Signor Starbucks, Howard Schultz il quale, proprio a passeggio per i caffè del Corso (ovviamente Vittorio Emanuele), ma anche alla vista dei “cafè” alla parigina, viennese, torinese di Milano si sentì appagato da quell’infilata di tavolini e poltrone attorno alle quali le persone – intellettuali, politici, ma anche signore, turisti, semplici cittadini – si ritrovavano per conversare, litigare, riposarsi…

Da qui, la ragione dell’assenza di Starbucks per molti anni, nel nostro Paese: perchè investire in locali e spazi esattamente in quel luogo che è stato la copia “prima” di un modello di business replicato, standardizzato, in tutto il mondo? Non aveva senso! Milano aveva già i suoi “Starbucks naturali e l’uno diverso dagli altri”.  I classici bar. E invece no.

Il potere della globalizzazione; quell’insensata necessità di uniformazione al gusto mondiale e ordinario ha portato anche questa catena nella nostra sempre più lussureggiante Milano.

Bella perché unica al mondo. Buona perché qui, il caffè, è ristretto e si beve in tazza. Non nei bicchieroni di PVC.

 

Sono nata al Fatebenefratelli, zona Brera, una delle zone più bohemienne di Milano, che non poteva che portarmi alla laurea in Storia dell'Arte. Nel 2009 ho fondato Milanoincontemporanea per non metterla da parte.
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Riguardo a Paola Perfetti

Sono nata al Fatebenefratelli, zona Brera, una delle zone più bohemienne di Milano, che non poteva che portarmi alla laurea in Storia dell'Arte. Nel 2009 ho fondato Milanoincontemporanea per non metterla da parte.