C’era una Volta a Milano il Corteo dei Magi. E c’è ancora

Della tradizione dei Magi a Milano abbiamo sentito parlare in tanti.

Sappiamo che nel 325 d.C. Eustorgio venne nominato da Costantino governatore di Milano. Il popolo, per la sua santità, lo acclamò vescovo.

Deciso a recarsi a Costantinopoli per riferire e far approvare anche dall’imperatore la sua nomina ad alto prelato, Costantino lo benedisse e gli diede in dono le reliquie dei Magi che, allora, cominciarono un periglioso viaggio verso la nostra metropoli.

Durante il viaggio di ritorno dalla Terra Santa e risalendo la Penisola, infatti, custodite com’erano in un’arca che per la tradizione è la stessa tuttora ben visibile nella basilica di Sant’Eustorgio, le reliquie dei Magi salvarono il santo e il suo corteo dall’attacco di un lupo, che si unì al gruppo e trainò il carro dei pellegrini fino a Milano.

Arrivati in Porta Ticinese , esattamente dove oggi sorge la chiesa dei Magi, il carro si fermò e – dicono le fonti – “nessuna forza umana fu più in grado di smuoverlo”. Da quel gesto, inteso come un segno del Signore, Eustorgio decise di non traslare le reliquie in Santa Maria Maggiore (il primissimo Duomo di Milano), ma nel punto in cui il carro bloccò la sua corsa fece costruire la “basilica Dei Re”, oggi a lui stesso intitolata e che contiene giusto una tibia, una vertebra e due fibule dei sapienti dell’oro, incenso e mirra.

Federico Barbarossa le sottrasse nel suo sacco di Milano (1162) e le portò nel Duomo di Colonia dove tuttora si trovano.

Fu merito del Cardinal Ferrari se nel 1903 giusto quelle poche ossa dei tre Re venuti da Oriente poterono essere inserite in una piccola urna posta sopra l’altare dei Magi (qui sotto).

milano_-_santeustorgio_-_adorazione_dei_magi_-_foto_di_giovanni_dallorto_-_12-jan-2007

Quel ricordo e quegli atti miracolosi divennero il culmine delle celebrazioni del Natale a Milano. Festività celebrate sin dalla notte dei tempi anche nella nostra città e, secondo il libro “El Natal Milanes“, l’Epifania era addirittura onorata con due cortei festivi.

Il primo, del tutto religioso ed attestato dalle cronache sin da 1336, consisteva nel passaggio delle spoglie dei Magi dalla Basilica di Sant’Eustorgio al Duomo e ritorno, con un momento di preghiera in Cattedrale – la Santa messa – ed una grande partecipazione della cittadinanza.

Il corteo era aperto da tre sacerdoti con in mano, a testa, la reliquia di uno dei tre Magi.
Una curiosità: arrivati al Carrobbio, i sacerdoti si fermavano per una sosta e qui l’oste della locanda vicina offriva loro tre sedie – Tri Scagnn. Quei “Tre Scranni” diedero il nome all’osteria che visse a quell’indirizzo fino a non molto tempo fa.

La seconda processione, invece, quella che in parte avviene ancora oggi, entrò nell’uso della cittadinanza dal XV secolo e per volere dei Duchi Visconti che mettevano a disposizione dei figuranti costumi e attrezzature.

Il corteo, con partenza da Piazza del Duomo, era così ordinato: trombettieri e vessilliferi in testa; seguiva il figurante dalla lunghissima asta con, sulla sommità, il profilo della stella cometa; quindi i Re Magi a cavallo (uno vecchio, uno giovane, uno nero – come insegna la tradizione) con in mano i doni per il Bambinello. Dietro di loro, servi vestiti da antichi romani, salmerie, animali come cavalli da guerra, cammelli, grandi cani, tutti tenuti a briglia o a guinzaglio da un un uomo di corte sontuosamente vestito.

 

Arrivati alle Colonne di San Lorenzo, Erode sedeva sul trono, quindi dava l’ordine ai suoi “bravi” di bloccare il passo.
Dalle parole ai fatti il passo era breve: botte da orbi non così tanto recitate finivano con la vittoria del corteo che arrivava alla Basilica di Sant’Eustorgio accolto sull’uscio da San Giuseppe (il sacrestano). Quindi, i Re Magi scendevano da cavallo, entravano nella chiesa approssimandosi al presepe allestito e qui, adoranti il Bambino, deponevano i doni.

Fuori dalle strade e nelle vie circostanti, la folla si disperdeva in un turbinio di wrfeste, colori, banchetti. I milanesi andavano alla taverna o all’osteria a mangiare e a bere certi che, il giorno successivo, tutti sarebbero tornati al buon vecchio tran tran “milanes”.